Ogni volta che guardo un film uscito prima che io nascessi penso a come sarebbe se potessi vederlo al cinema, a quel tempo, quando uscì, quando non ero ancora nato o quando ero troppo piccolo per apprezzarli. Jurassic Park, Indiana Jones.. sono alcuni di quelli che vorrei rivivere al cinema, nei cinema di quel tempo, accanto a gente vestita di jeans a vita alta, capelli cotonati e tanti maglioni larghi. Tra quelli c’è anche Ritorno al Futuro. Solo che stavolta Ritorno al Futuro al cinema ho potuto vederlo davvero.
Venticinque anni fa usciva Ritorno al Futuro e, per festeggiare, il film è stato riproposto in alcuni cinema solo per un giorno. E tra quei cinema c’era anche quello vicino casa mia! Chissà quando ricapiterà di vedere un film del 1985 al cinema! Ho prenotato i biglietti con una settimana di anticipo, mai fatto!
Non me l’aspettavo, la sala era piena. Un pubblico dai 20 ai 30 anni, e forse anche 40, tutti lì ammassati, tutti fan, tutti appassionati, tutti che quel film lo conoscevano a memoria, tutti con almeno una cosa in comune. Tutti desiderosi di vedere al cinema quella pietra miliare. Luci spente e parte un applauso, qualcuno urla “Vai Marty!”.
Il pubblico rideva alle battute che conosceva già, forse per partito preso, forse perché troppo immersi nel ricordo della loro infanzia, forse perché effettivamente le battute facevano ridere davvero. E io che sapevo già come andava a finire, fremevo pensando che magari Marty questa volta non ce l’avrebbe fatta. Le battute del film, la sua sceneggiatura, i personaggi, la semplicità, l’essere una commedia camuffata da film di fantascienza, tutto funziona, e funziona alla grande. Ancora, venticinque anni dopo.
Su quello schermo ero abituato a vedere tutt’altri film. Un film come Ritorno al Futuro, al giorno d’oggi risulta meno appariscente dei film attuali, meno sfarzoso, quasi meno cinematografico. Sembra un film intimo, intimidito dalla grandezza di quello schermo. Il colore è come ormai non se ne vedono più al cinema: è reale, non è un colore finto, non è ritoccato. Non è il colore acceso e saturo dei film attuali, è il colore vero degli anni 80. C’è la grana della pellicola, le sfocature, c’è quel cinema unto e sporco, quasi meccanico di vent’anni fa. E nonostante la proiezione digitale togliesse il fruscio della pellicola e proiettasse un’immagine nitida e cristallina, Ritorno al Futuro era lì con tutto lo splendore dei suoi anni, testimone inoppugnabile di un cinema che non c’è più.